La selettività negli aiuti fiscali: estensione della nozione e limiti alla discrezionalità fiscale nazionale

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Abstract: Selectivity is a tricky notion when applied to fiscal aid, mostly because of the peculiar structure of this type of aid. As recent tax ruling cases (such as Apple, Fiat and Starbucks) have shown, the definition of the notion of fiscal aid is becoming crucial in determining the relationship between supranational integration and national tax sovereignty. Against this backdrop, the aim of the present Insight is to offer a critical reading of the case-law concerning the notion of selectivity in the grant of fiscal aid. The Insight analyses, in particular, the recent cases Commission v. World Duty Free Group SA et al. (Court of Justice, judgment of 21 December 2016, joined cases C-20/15 P and C-21/15 P [GC]) and Commission v. Hansestadt Lübeck (Court of Justice, judgment of 21 December 2016, case C-524/14 P [GC]) which extend the notion of selectivity according to a discrimination-based approach.

Keywords: notion of aid – selectivity – fiscal aid – reference framework – tax sovereignty – discrimination.
 

I. Introduzione

Con le sentenze del 21 dicembre 2016 Commissione c. World Duty Free Group SA et al.[1] e Commissione c. Hansestadt Lübeck[2] la Corte di giustizia ha ridisegnato i limiti entro i quali una misura fiscale può ricadere nel divieto di aiuti di Stato previsto dall’art. 107 TFUE.

Tale divieto colpisce, in particolare, le misure ritenute selettive, cioè quelle non accessibili a tutti i soggetti che siano in una situazione fattuale e giuridica analoga. In materia di aiuti fiscali, la selettività gioca un ruolo decisivo nel determinare la legittimità della misura ai sensi del diritto dell’UE poiché, per la natura stessa di questo tipo di aiuti, l’origine statale, il vantaggio e il pregiudizio alla concorrenza sono solitamente indiscussi, essendo frequente che un beneficio fiscale integri tali requisiti.

Le questioni connesse alla concessione di aiuti di tipo fiscale sono temi di particolare attualità soprattutto a seguito delle decisioni della Commissione sui tax rulings, fra i quali si ricorda, in ultimo, il caso Apple.[3] In queste decisioni la Commissione ha censurato misure fiscali ad hoc consistenti in advanced pricing agreements, ossia accordi volti a definire preventivamente i prezzi di trasferimento infragruppo per un determinato periodo di tempo concordati fra le autorità nazionali e grandi gruppi multinazionali. Ciò ha dimostrato chiaramente la volontà della Commissione di intervenire con modalità sempre più incisive sulle scelte di politica fiscale degli Stati membri.

Le recenti pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea nelle cause Commissione c. World Free Group SA et al. e Hansestadt Lübeck qui analizzate sembrano confermare questa tendenza mediante l’estensione della nozione di selettività e il conseguente ampliamento dell’ambito di applicazione della disciplina UE in materia di aiuti di Stato.

Siffatta interpretazione del divieto di aiuti di Stato amplia il margine di intervento delle istituzioni europee in tale ambito, con la conseguente compressione della sovranità statale in materia di tassazione diretta. Si pone, dunque, il problema di comprendere se esistano limiti all’estensione dell’ambito di applicazione del divieto di aiuti di Stato e, nel caso in cui questi siano individuabili, se possa considerarsi legittima un’interpreta­zione dell’art. 107, par. 1, TFUE da cui derivi una tale compressione della discrezionalità statale in materia di imposizione fiscale diretta.

Al fine di meglio comprendere la portata e le implicazioni delle sentenze in oggetto, appare utile soffermarsi in via preliminare sul concetto di selettività in ambito fiscale. Successivamente, l’analisi si concentra sulle sentenze del Tribunale nei casi Autogrill[4] e Banco Santander[5] e delle pronunce della Corte di giustizia nei casi Commissione c. World Free Group SA et al. e Hansestadt Lübeck. Da ultimo, sono formulate alcune osservazioni conclusive relative alla definizione della nozione di selettività alla luce di queste pronunce e dell’effetto che la determinazione dell’estensione di questo requisito ha sulla sovranità fiscale nazionale.

II. Il criterio della selettività in materia di aiuti fiscali

Il requisito della selettività, come accennato nel paragrafo precedente, rappresenta l’elemento spesso decisivo per determinare la compatibilità degli aiuti fiscali con l’articolo 107 TFUE.[6] Il significato che viene attribuito a questo criterio comporta delle conseguenze rilevanti sul piano delle scelte di politica fiscale degli Stati membri. Pertanto, questo requisito è stato oggetto di un esteso dibattito dottrinale ed un acceso contrasto giurisprudenziale, tanto che la valutazione ad esso sottesa è stata descritta “a difficult exercise with an uncertain outcome”.[7]

Come più volte ribadito dalla Corte di giustizia, la valutazione della selettività deve effettuarsi con riguardo agli effetti concreti prodotti dalla misura, mentre non è dirimente la struttura formale del provvedimento.[8] Nonostante la sua apparente linearità, la messa in opera di tale valutazione è molto complessa in quanto spesso gli Stati tendono a intervenire con provvedimenti selettivi mascherati da una veste di generalità.[9]

La giurisprudenza della Corte ha fortemente contribuito allo sviluppo del concetto di selettività, individuando alcune sottocategorie di questo requisito.

La selettività geografica, anche nota come selettività regionale, riguarda misure che garantiscono alle imprese di una specifica parte del territorio nazionale un trattamento di favore rispetto alle altre. Il caso Azzorre[10] è un leading case in materia. La misura oggetto della pronuncia era uno schema fiscale consistente nella riduzione delle aliquote d’imposta nazionale sul reddito applicabile solo alla Regione Autonoma delle Azzorre. La Corte di giustizia ha qualificato tale misura come aiuto di Stato, elaborando inoltre una serie di criteri che sono stati poi utilizzati nella giurisprudenza successiva. In particolare, viene enfatizzata la valutazione del grado di autonomia dell’ente che eroga l’aiuto (istituzionale, procedurale e finanziaria).[11] L’analisi dei criteri utilizzabili in materia di selettività è stata poi estesa nella sentenza UGT Rioja,[12] caso che aveva ad oggetto un’aliquota fiscale stabilita dalle autorità dei Paesi Baschi che veniva contestata perché più bassa rispetto al resto della Spagna.

La selettività materiale è la caratteristica di misure di sostegno dirette ad un numero ristretto di imprese. Il suo apprezzamento richiede quindi una valutazione in concreto dell’effettiva differenza di trattamento. È possibile individuare due fattispecie in cui misure che abbiano un effetto limitato a talune imprese non ricadano tuttavia nella nozione di selettività. Ciò avviene quando il beneficiario della misura non sia in una posizione comparabile con quella dei soggetti esclusi, oppure quando il trattamento differente possa essere giustificato dalla natura o dalla struttura generale del sistema.

Tali situazioni peculiari sono riscontrabili nei tre livelli di cui è composta l’analisi relativa a questo requisito, che ha natura comparativa ed è elaborata in sede giurisprudenziale. Il primo livello richiede di individuare un sistema generale di riferimento pertinente; il secondo passaggio mira a valutare se la misura sia prima facie selettiva rispetto a tale sistema generale; infine, il terzo ed ultimo livello riguarda il possibile giudizio di compatibilità della misura con la natura della misura o la struttura generale del sistema.[13] Pertanto, la valutazione consiste nello stabilire se “nell’ambito di un dato regime giuridico, la misura nazionale in discussione sia tale da favorire ‘talune imprese o talune produzioni’ rispetto ad altre che si trovino in una situazione fattuale e giuridica analoga, tenuto conto dell’obiettivo perseguito da detto regime e che sono quindi oggetto di un trattamento differenziato idoneo, in sostanza, ad essere qualificato come discriminatorio”.[14] Il riferimento all’obiettivo perseguito può essere fuorviante per il ruolo ambiguo che questo riveste nell’ambito dell’analisi della selettività materiale. Infatti, l’introduzione nell’analisi di un elemento che si colloca logicamente ex ante rispetto alla misura è difficilmente conciliabile con una valutazione che si basa tipicamente sugli effetti ex post di quest’ultima. Le pronunce British Aggregates[15] e Dutch NOx (Ossidi d’azoto),[16] entrambe aventi ad oggetto misure che avevano implicazioni a livello di tutela ambientale (un’ecotassa sui c.d. aggregati e un sistema di scambio di diritti di emissione per gli ossidi di azoto), si sono concentrate su questo aspetto. Tuttavia tali sentenze non possono dirsi risolutive della contraddizione relativa alla valutazione degli obiettivi. Nemmeno la dottrina è chiara sul punto poiché le posizioni al riguardo sono discordanti.[17]

La recente giurisprudenza della Corte ha poi individuato un’ulteriore distinzione all’interno della nozione di selettività materiale. Infatti, nel caso Gibilterra,[18] la Corte ha delineato il concetto di selettività materiale giuridica, contrapposto alla selettività materiale di fatto. La prima è determinata direttamente dai criteri giuridici utilizzati per la concessione della misura. La seconda si concentra invece sugli effetti discriminatori della misura nonostante la generalità dei caratteri formali di questa. Nel caso Gibilterra la misura contestata riguardava una riforma del sistema di imposizione societaria costituito da un’imposta sul monte salari (payroll tax), un’imposta sull’occupazione di beni immobili a uso commerciale (business property occupation tax) e da una tassa di registro (registration fee). Tale fattispecie è riconducibile alla selettività materiale di fatto poiché la misura in oggetto consisteva in un sistema di imposizione che, seppur applicabile formalmente a tutte le società stabilite a Gibilterra, favoriva quelle offshore.[19]

III. Le sentenze gemelle Autogrill e Banco Santander

Le sentenze gemelle Autogrill e Banco Santander hanno tentato di andare oltre rispetto a quanto affermato dalla Corte nel corso dell’evoluzione giurisprudenziale tracciata nel paragrafo precedente, introducendo un elemento ulteriore nell’analisi relativa alla selettività delle misure fiscali.

La misura controversa oggetto delle pronunce Autogrill e Banco Santander era una norma fiscale spagnola che permetteva alle imprese tassabili in Spagna – come, in questo caso, Banco Santander SA, Santusa Holding SL e Autogrill España SA – la deduzione dalla base imponibile dell’imposta sulle società cui è soggetta l’impresa sotto forma di ammortamento dell’avviamento finanziario derivante dall’acquisizione di partecipazioni azionarie in imprese estere.[20] Queste partecipazioni dovevano ammontare ad almeno il 5 per cento ed essere detenute per un periodo minimo ed ininterrotto di un anno.[21] La Commissione aveva qualificato la misura come un aiuto di Stato, facendo leva proprio sul fatto che era applicabile solamente alle imprese che rispettassero i requisiti richiesti (in particolare, le acquisizioni di partecipazioni azionarie erano soggette ad imposta in Spagna a seconda che fossero effettuate in una società stabilita in Spagna o estera), risultando di conseguenza selettiva.[22]

Il Tribunale, nella sentenza Banco Santander,[23] ha affermato che la mera deroga al sistema normale di tassazione non poteva essere idonea per se a qualificare la misura come selettiva, in quanto era sufficiente che questa fosse “potenzialmente accessibile a tutte le imprese” per escludere il soddisfacimento di questo requisito.[24] Viceversa, per verificare la presenza del carattere selettivo della misura si rendeva necessaria un’identificazione ex ante di un gruppo definito di beneficiari dell’aiuto.[25] Ciò significa che, se una misura derogava al sistema generale, ma era comunque aperta a tutte le imprese, non era possibile comparare la situazione dei beneficiari e di chi, invece, era stato escluso dall’ambito di applicazione della misura.[26] Inoltre, il Tribunale ha ricordato quanto già affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza 3M,[27] pronuncia relativa ad una disposizione nazionale che prevedeva l’estinzione dei procedimenti in materia fiscale pendenti dinanzi al giudice di ultimo grado mediante il pagamento di un importo risibile qualora tali procedimenti avessero determinate caratteristiche. In questa sede il Tribunale ha dunque sottolineato che l’applicazione di condizioni specifiche ai fini della concessione della misura non comportava di per sé il soddisfacimento del criterio della selettività.[28] Pertanto, anche nel caso in cui le condizioni introdotte fossero state inusuali e solo un numero ridotto di imprese fosse riuscito di fatto a soddisfarle, la misura poteva non essere qualificata come selettiva se si applicava a tutte le imprese considerate nella stessa condizione.[29]

Nel caso in cui l’individuazione delle imprese beneficiarie non fosse possibile, allora la misura controversa non poteva essere considerata un aiuto di Stato. Proprio la mancata valutazione in questo senso fatta dalla Commissione ha determinato l’annulla­mento della decisione per erronea applicazione da parte della Commissione dell’art. 107, par. 1, TFUE.[30]

Le pronunce Autogrill e Banco Santander sono state accolte con favore dalla dottrina maggioritaria, soprattutto perché l'interpretazione del concetto di selettività offerta dal Tribunale permetteva di andare oltre la mera distinzione formalistica tra beneficiari e non beneficiari.[31] Queste pronunce, infatti, comportavano un aggravamento dell’one­re probatorio e aggiungevano alla tradizionale analisi a tre livelli una valutazione incentrata sul carattere effettivamente discriminatorio della misura fiscale.[32] Inoltre, dette pronunce apparivano un ottimo punto di partenza per chiarire la giurisprudenza della Corte in materia di aiuti fiscali selettivi ed evitare commistioni tra il requisito della selettività e il criterio del vantaggio economico chiarendo così la procedura di valutazione relativa agli aiuti di natura fiscale.[33]

IV. La sentenza della Corte di giustizia: Commissione c. World Duty Free Group SA et al.

Le sentenze Autogrill e Banco Santander sono state oggetto di impugnazione e i due procedimenti sono stati riuniti. Nella pronuncia Commissione c. World Free Group SA (già Autogrill España SA), Banco Santander SA e Santusa Holding SL la Corte ha sovvertito il giudizio del Tribunale. In conformità con le conclusioni proposte dall’AG Wathelet[34] la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse commesso un errore di diritto nell’annullare parzialmente la decisione della Commissione, alla stregua del fatto che quest’ultima non avesse individuato una categoria di imprese specificamente favorite dalla misura fiscale.

In particolare l’AG Wathelet aveva sostenuto che l’analisi svolta dal Tribunale era viziata da un approccio eccessivamente formalistico e restrittivo, tale da perdere di vista la questione fondamentale, ossia se la misura operasse o meno una differenziazione fra imprese in una situazione analoga.[35] Inoltre, l’AG aveva ritenuto che il fatto che le condizioni imposte dalla misura non fossero molto restrittive e che numerose imprese potessero averne accesso non mettesse in dubbio il carattere selettivo della misura, ma solo il grado di selettività.[36]

Allo stesso modo, la Corte ha ribadito che il Tribunale avrebbe dovuto verificare se la Commissione avesse effettivamente analizzato e dimostrato il carattere discriminatorio della misura, sottolineando più volte come il nocciolo dell’analisi relativa alla selettività riguardi proprio quest’ultimo profilo.[37]

Punto focale della sentenza World Free Group SA è l’analisi del criterio supplementare introdotto dai casi Autogrill e Banco Santander. Si tratta, come visto in precedenza, della necessaria individuazione preventiva, ai fini dell’accertamento della selettività, di una categoria particolare di imprese che siano le sole beneficiare dalla misura e che possano essere identificate in base a caratteristiche “peculiari, comuni e specifiche”.[38]

In questo passaggio la Corte fornisce dunque una sorta di interpretazione autentica della sentenza Gibilterra che permette una migliore comprensione dell’effettiva portata di questa pronuncia e una ricostruzione più agevole della nozione di selettività. La Corte ha, infatti, precisato che la scelta formulata dal Tribunale di aggiungere un ulteriore passaggio al metodo di valutazione applicabile alla selettività in materia tributaria – ossia l’individuazione ex ante di una specifica categoria di imprese – non è conforme alla giurisprudenza precedente in materia.[39] In particolare, è da escludersi che tale principio sia derivabile dalla sentenza Gibilterra. In tale pronuncia, infatti, la Corte aveva chiarito come “la selettività di una misura fiscale può essere dimostrata anche se quest’ultima non costituisce una deroga al regime tributario comune, facendone bensì parte integrante”.[40] Questo approccio non contraddice, però, quanto affermato nella costante giurisprudenza della Corte, secondo cui “è sufficiente, al fine di dimostrare la selettività di una misura derogatoria a un regime tributario comune, che sia accertato che la stessa avvantaggia taluni operatori e non altri, laddove l’insieme di tali operatori si trova in una situazione oggettivamente analoga, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito da detto regime tributario comune”.[41]

Pertanto, pur confermando quanto affermato nella sentenza Gibilterra – vale a dire la possibilità di qualificare una misura come de facto selettiva, nonostante il carattere generale del regime fiscale controverso – la Corte ha precisato che da ciò non deriva la necessità di individuare ex ante la categoria privilegiata, soprattutto nel caso in cui si tratti di una misura a carattere derogatorio rispetto al regime ordinario. In questo caso, infatti, è applicabile il classico schema di valutazione articolato in tre fasi, basato su un’analisi del carattere discriminatorio del trattamento di talune imprese rispetto al quadro di riferimento.

È altresì rilevante la puntualizzazione effettuata dalla Corte rispetto alla sentenza 3M richiamata dal Tribunale. Come già ricordato in precedenza, la Corte nella pronuncia sul caso 3M aveva ritenuto che il carattere selettivo di una misura non fosse derivabile dal mero fatto che solo i soggetti che soddisfano i requisiti stabiliti per l’ottenimento di questa possano beneficiarne.[42] Tuttavia, nella medesima pronuncia la Corte aveva parimenti affermato che nel caso di specie la selettività non era rilevabile perché i soggetti che non potevano avere accesso alla misura controversa “non si trovavano in una situazione fattuale e giuridica analoga a quella dei contribuenti legittimati a richiederla, in relazione all’obiettivo perseguito dal legislatore nazionale”.[43] Pertanto, la Corte conclude che l’apposizione di un requisito per l’applicazione o l’ottenimento di un aiuto fiscale può essere considerato un elemento chiave per l’individuazione del carattere selettivo dell’aiuto nella misura in cui tale requisito determini una “differenziazione fra imprese” che sono in una situazione di fatto e di diritto analoga in considerazione dell’obiettivo perseguito dal regime tributario.[44] L’applicazione di un requisito di questo tipo deve dunque avere l’effetto di discriminare le imprese che sono escluse dalla misura.[45]

V. La sentenza Hansestadt Lübeck

La ricostruzione del concetto di selettività negli aiuti fiscali è stata altresì affrontata dalla Corte nella sentenza Hansestadt Lübeck in cui veniva richiesto l’annullamento parziale di una decisione della Commissione[46] nella parte in cui avviava il procedimento di indagine formale riguardo al regolamento in materia di diritti aeroportuali adottato dall’aeroporto di Lubecca nel 2006. In particolare, la Commissione riteneva che i vantaggi derivanti da tale regolamento fossero concessi unicamente alle compagnie aeree che utilizzavano l’aeroporto di Lubecca e che la misura fosse dunque selettiva.[47] La Corte ha confermato la posizione assunta dal Tribunale[48] ritenendo che non fosse individuabile il carattere selettivo della misura e che dunque il regolamento non potesse essere considerato un aiuto di Stato.

Con riferimento al criterio della selettività, la Corte ha ripercorso l’iter argomentativo seguito dal Tribunale, accogliendo le valutazioni già da esso effettuate.[49] In particolare, dopo aver constatato che la Commissione aveva ritenuto selettiva la misura sulla base del fatto che i vantaggi erano accordati solo alle compagnie aeree che utilizzavano l’aeroporto di Lubecca,[50] il Tribunale aveva rilevato che tale limitazione “era intrinsec[a] al regime giuridico tedesco relativo ai diritti aeroportuali”.[51] Infatti, in tale ambito, ciascuna compagnia era soggetta al regolamento dell’aeroporto di cui si avvaleva. Pertanto, le compagnie che utilizzavano l’aeroporto di Lubecca non si trovavano in una situazione analoga a quelle che non ne fruivano.

Il Tribunale aveva quindi statuito che la selettività di una misura come quella in oggetto dovesse essere valutata “facendo riferimento a tutte le imprese che [utilizzavano], o che [potevano] utilizzare, tali beni o servizi e accertando se tutte o solo talune di esse [beneficiassero], o [fossero] idonee a beneficiare, di un eventuale vantaggio”[52] e che la limitazione dell’applicabilità del regolamento del 2006 alle sole compagnie aeree che utilizzavano l’aeroporto di Lubecca non fosse rilevante per se per qualificarlo come selettivo.[53]

In questo modo la Corte ribadisce che cosa debba intendersi per quadro di riferimento rispetto al quale confrontare la misura controversa. Viene confermata quindi la necessità di un’attenta definizione preliminare dell’ambito di riferimento nel quale si inserisce la misura in questione. Questo primo passaggio è infatti fondamentale al fine di condurre un’analisi corretta della selettività della misura in quanto l’individuazione di un benchmark errato ha un effetto negativo che si ripercuote sull’intera valutazione.

La Corte, confermando quanto stabilito dal Tribunale e in risposta a una delle contestazioni mosse dalla Commissione, ha poi osservato che, nel valutare se una misura come quella in oggetto – che dunque stabilisce condizioni di utilizzo di beni e servizi di un’impresa pubblica applicabili in via generale a tutte le imprese che ne fruiscono – sia selettiva, occorre basarsi non sulla natura di tale misura, bensì sui suoi effetti. È necessario, dunque, accertare se in concreto solo alcune delle imprese alle quali la misura avrebbe dovuto procurare un vantaggio ne beneficino anche se, in considerazione dell’obiettivo perseguito dal regime in questione, tutte le suddette imprese si trovino in una situazione fattuale e giuridica analoga.[54]

La decisione Hansestadt Lübeck chiarisce, dunque, che non tutte le misure che sono vantaggiose per determinate imprese sono per se selettive in quanto è necessario valutare in concreto se talune imprese siano favorite rispetto ad altre in una situazione di fatto e di diritto analoga con riferimento all’obiettivo perseguito.[55] Partendo da tale assunto, la sentenza in commento evidenzia come il concetto di selettività sia strettamente legato a quello di discriminazione. Pertanto l’analisi circa la selettività della misura finisce con il tradursi in una valutazione del carattere discriminatorio dell’applicazio­ne del beneficio fiscale agli operatori economici.[56]

VI. Osservazioni conclusive

Il requisito della selettività in materia di aiuti fiscali è un tema complesso per la costante evoluzione cui è soggetto. Le pronunce qui analizzate contribuiscono a consolidare un’interpretazione estensiva della nozione ponendo confini certi – sebbene estremamente ampi – al concetto e chiarendo la portata del caso Gibilterra.

La sentenza Hansestadt Lübeck contribuisce in questo senso mettendo in luce il ruolo cruciale che gioca una corretta individuazione del quadro di riferimento. Infatti, nel caso di specie, è evidente come la definizione di un determinato ambito di riferimento abbia influenzato in modo decisivo la valutazione circa la selettività della misura fiscale controversa. Inoltre, questa pronuncia sottolinea l’importanza del carattere discriminatorio della misura al fine di individuare il requisito della selettività.[57] La valutazione circa tale criterio coincide quindi, in sostanza, con l’analisi relativa all’applicazione discriminatoria o meno della misura agli operatori economici.

La sentenza Commissione europea c. World Duty Free Group SA et al. offre spunti di riflessione con riguardo a due aspetti: l’estensione del concetto di selettività e la limitazione alla discrezionalità statale in materia fiscale che ne deriva. In questa sentenza la Corte estende la portata del requisito della selettività, rigettando le limitazioni che erano state inaugurate con le sentenze gemelle del Tribunale Autogrill e Banco Santander. La Corte sembra infatti ritenere selettive tutte le misure che si pongono in deroga rispetto al quadro di riferimento e che comportano un trattamento diversificato, qualificabile come tale sulla base di una valutazione di discriminatorietà. Tutto ciò, indipendentemente dal carattere potenzialmente accessibile della misura e in contrapposizione rispetto all’imposta­zione seguita dal Tribunale, che spostava l’analisi del carattere selettivo della misura ex ante anziché ex post come previsto dalla costante giurisprudenza della Corte.

Tuttavia, una tale impostazione rischia di far rientrare nella nozione di aiuto fiscale un numero elevato di misure fino ad ora non considerate tali, accrescendo l’incisività del controllo della Commissione sulle scelte di politica economica e fiscale nazionale, attraverso l’applicazione della normativa sugli aiuti di Stato.[58] La conseguenza paradossale di una tale estensione è che il fulcro della valutazione viene spostato dalla selettività al vantaggio, rendendo pressoché irrilevante il primo requisito a causa dell’eccessiva ampiezza della nozione.

La tendenza all’ampliamento della nozione di aiuto di Stato e la conseguente compressione della sovranità fiscale statale è un fenomeno che trova riscontro anche in altri casi, come comprovato, in particolare, dalle decisioni relative ai c.d. casi LuxLeaks. Tali decisioni, pur avendo ad oggetto misure molto diverse rispetto a quelle analizzate nelle sentenze in questione,[59] rilevano in questa sede in quanto mettono in luce alcuni elementi di comunanza nell’atteggiamento della Commissione e della Corte di giustizia. Infatti, nelle decisioni relative ai tax rulings si è resa evidente la volontà della Commissione di operare un intervento più intenso nelle scelte fiscali nazionali,[60] così come nel caso della recente giurisprudenza della Corte, ma con la peculiarità di agire al fine di limitare fenomeni di dumping fiscale, pianificazione fiscale aggressiva ed elusione o evasione fiscale internazionale. Inoltre, anche in questo ambito, sembra essersi sviluppata una tendenza ad analizzare le misure di questo tipo secondo un metodo basato su una mera valutazione di discriminatorietà.[61]

L’aumento progressivo dell’ingerenza delle istituzioni dell’Unione europea e, in particolare, della Commissione nelle scelte in materia di tassazione diretta comporta dubbi in relazione al profilo della legittimità di una tale azione rispetto alla finalità della disciplina degli aiuti di Stato.

Al riguardo, è necessaria una duplice premessa. In primo luogo è indubbio che gli Stati siano limitati nella propria discrezionalità nella misura in cui questa interferisca con l’effettiva applicazione del diritto UE.[62] Allo stesso modo, è altrettanto pacifico che il divieto di aiuti di Stato abbia lo scopo di mantenere un ambiente concorrenziale sano nell’ambito del mercato interno e che sia una disciplina applicabile orizzontalmente a tutti i settori, compresa la materia fiscale.

Tuttavia, una tale estensione del concetto di selettività – e quindi della nozione di aiuto fiscale – comporta l’attribuzione de facto alle istituzioni europee di un potere di intervento potenzialmente illimitato sulle scelte di fiscalità diretta degli Stati membri.[63]

Seppur le istituzioni detengano la competenza di interpretare la nozione di aiuto di Stato ed intervenire in conformità a tale interpretazione, l’effetto che ne consegue in questo caso è quello di permettere un forte controllo da parte delle istituzioni europee delle scelte statali in materia di tassazione diretta, finalità che non è propria della disciplina degli aiuti di Stato. Infatti, non vi sono elementi che permettano di considerare tale disciplina come una normativa finalizzata al coordinamento fiscale e al contrasto della concorrenza fiscale dannosa.

Come si è tentato di evidenziare, gli aiuti fiscali sono caratterizzati da evidenti peculiarità che li distinguono da altri tipi di aiuti e che comportano specifiche criticità. Infatti, la materia fiscale è per sua natura particolarmente sensibile per il ruolo che riveste nell’ambito della sovranità nazionale. Inoltre, i benefici fiscali sono degli aiuti qualificabili come negativi, in quanto non comportano un esborso da parte dello Stato ma implicano un mancato guadagno e, pertanto, a causa delle loro specificità, necessitano di un adattamento della disciplina anche in termini di valutazione della selettività.

Tuttavia, non è chiaro quale sia il limite alla compressione della sovranità che deriva da una tale interpretazione della nozione di selettività e se questo esista. Al momento la Corte di giustizia non sembra porne e, in questa prospettiva, sarà interessante osservare come verranno considerate dalla giurisprudenza le decisioni sui tax ruling, che sono state impugnate e che sono al momento pendenti davanti al Tribunale.

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European Papers, Vol. 2, 2017, No 3, European Forum, Insight of 30 October 2017, pp. 1017-1029
ISSN
2499-8249 - doi: 10.15166/2499-8249/163

* Dottoranda in Diritti e Istituzioni, Università degli Studi di Torino, gabriella.perotto@edu.unito.it.

[1] Corte di giustizia, sentenza del 21 dicembre 2016, cause riunite C- 20/15 P e C-21/15 P, Commissione c. World Duty Free Group SA (già Autogrill España SA), Banco Santander SA e Santusa Holding SL [GC].

[2] Corte di giustizia, sentenza del 21 dicembre 2016, causa C-524/14 P, Commissione c. Hansestadt Lübeck [GC].

[3] Decisione C(2016) 5605 final del 30 agosto 2016 della Commissione sull’aiuto di Stato SA.38373 (2014/C) (Ex 2014/Nn) (Ex 2014/Cp) al quale l’Irlanda ha dato esecuzione a favore di Apple. Si veda inoltre: decisione C(2014) 3626 final del 21 ottobre 2015 della Commissione relativa all'aiuto di Stato SA.38374 (2014/C Ex 2014/nn) al quale i Paesi Bassi hanno dato esecuzione a favore di Starbucks; decisione C(2014) 3627 final del 21 ottobre 2015 della Commissione relativa all'aiuto di Stato SA.38375 (2014/C Ex 2014/nn) cui il Lussemburgo ha dato esecuzione a favore di Fiat; decisione C(2015) 9837 final del 11 gennaio 2016 della Commissione relativo all’aiuto di Stato SA.37667 (2015/C) (ex 2015/NN) riguardante il sistema di ruling fiscale applicato agli utili in eccesso in Belgio. Si segnala che gli aiuti n. SA.38944 (il caso Amazon), SA.38945 (il caso McDonald’s) e SA.44888 (GDF Suez - ENGIE) sono ancora oggetto di indagine formale della Commissione.

[4] Tribunale, sentenza del 7 novembre 2014, causa T-219/10, Autogrill España, SA c. Commissione.

[5] Tribunale, sentenza del 7 novembre 2014, causa T-399/11, Banco Santander, SA e Santusa Holding, SL c. Commissione.

[6] A. Bartosch, On Being Selective in Selectivity, in European State Aid Law Quarterly, 2009, p. 434.

[7] Conclusioni dell’AG Jacobs presentate il 26 ottobre 2000, causa C- 379/98, PreussenElektra, par. 157.

[8] Corte di giustizia, sentenza del 2 luglio 1974, causa C-173/73, Repubblica italiana c. Commissione, par. 13.

[9] C. Romariz, Revisiting Material Selectivity in EU State Aid Law - Or the Ghost of Yet-to-Come, in European State Aid Law Quarterly, 2014, p. 40.

[10] Corte di giustizia, sentenza del 6 settembre 2006, causa C-88/03, Repubblica portoghese c. Commissione [GC].

[11] Ivi, par. 67; cfr. W. Lindsay-Poulsen, Regional Autonomy, Geographic Selectivity and Fiscal Aid: Between “The Rock” and a Hard Place, in European Competition Law Review, 2008, p. 43; J. Bousin, J. Piernas, Developments in the Notion of Selectivity, in European State Aid Law Quarterly, 2008, p. 645; J. L. da Cruz Vilaca, Material and Geographic Selectivity in State Aid – Recent Developments, in European State Aid Law Quarterly, 2009, p. 449.

[12] Corte di giustizia, sentenza dell'11 settembre 2008, cause riunite da C-428/06 a C-434/06, Unión General de Trabajadores de La Rioja (UGT-Rioja) et al. c. Juntas Generales del Territorio Histórico de Vizcaya et al.

[13] Corte di giustizia, sentenza dell'8 novembre 2001, causa C-143/99, Adria-Wien Pipeline GmbH e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke GmbH c. Finanzlandesdirektion für Kärnten, par. 41-42.

[14] Commissione c. World Duty Free Group SA et al. [GC], cit., par. 54.

[15] Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, British Aggregates Association c. Commissione; Corte di giustizia, sentenza del 22 dicembre 2008, causa C-487/06 P, British Aggregates Association c. Commissione e Regno Unito.

[16] Tribunale, sentenza del 10 aprile 2008, causa T-233/04, Regno dei Paesi Bassi c. Commissione; Corte di giustizia, sentenza dell'8 settembre 2011, causa C-279/08 P, Commissione c. Regno dei Paesi Bassi.

[17] Cfr. A. Biondi, State Aid is Falling Down, Falling Down: An Analysis of the Case Law on the Notion of Aid, in Common Market Law Review, 2013, p. 1732; A Bartosch, Is there a Need for a Rule of Reason in European State Aid Law? Or How to Arrive at a Coherent Concept of Material Selectivity?, in Common Market Law Review, 2010, p. 729; M. Prek, S. Lefèvre, The Requirement of Selectivity in the Recent Case-Law of the Court of Justice, in European State Aid Law Quarterly, 2012, p. 337.

[18] Corte di giustizia, sentenza del 15 novembre 2011, cause riunite C-106/09 P e C-107/09 P, Commissione e Regno di Spagna c. Government of Gibraltar e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord [GC].

[19] Gibilterra, cit., par 101 et seq.

[20] Banco Santander, cit., par 14.

[21] Ibidem.

[22] Decisione C(2010) 9566 del 12 gennaio 2011 della Commissione relativa all’ammortamento fiscale dell’avviamento finanziario per l’acquisizione di partecipazioni azionarie estere n. C 45/07 (ex NN 51/07, ex CP 9/07) cui la Spagna ha dato esecuzione.

[23] Poiché le due sentenze svolgono un iter argomentativo molto simile, per comodità di esposizione si farà riferimento solamente al caso Banco Santander, nonostante i medesimi punti siano sviluppati anche nella sentenza Autogrill.

[24] Banco Santander, cit., par. 48.

[25] Ivi, par. 49.

[26] Cfr. P. Staviczky, De Facto Selectivity in the Light of the Recent Case Law of the General Court, in European State Aid Law Quarterly, 2015, p. 337.

[27] Corte di giustizia, sentenza del 29 marzo 2012, causa C-417/10, Ministero dell'Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate c. 3M Italia SpA.

[28] Ivi, par. 42.

[29] Cfr. J. Temple Lang, Autogrill España and Banco Santander: the Concept of “General” Tax Measures Clarified for State Aid, in European Law Review, 2015, p. 765.

[30] Banco Santander, cit., par. 88 e 89.

[31] P. Nicolaides, New Limits to the Concept of Selectivity: the Birth of a ‘General Exception’ to the Prohibition of State Aid in EU Competition Law, in Journal of European Competition Law & Practice, 2015, p. 315 et seq.

[32] T. Jaeger, From Santander to LuxLeaks – and Back, in European State Aid Law Quarterly, 2015, p. 352 et seq.

[33] Ivi, p. 353; A. Girau, S. Petit, Spanish Fiscal Aid Cases: the Good, the Bad and the Unclear, in European State Aid Law Quarterly, 2015, p. 295 et seq.

[34] Conclusioni dell’AG Wathelet presentate il 28 luglio 2016, cause riunite C- 20/15 P e C-21/15 P, Commissione c. World Duty Free Group SA et al.

[35] Ivi, par. 85.

[36] Ivi, par. 88.

[37] Commissione c. World Duty Free Group SA et al. [GC], cit., par. 54.

[38] Ivi, par. 70.

[39] Ivi, par. 71.

[40] Ivi, par. 76.

[41] Ibidem.

[42] Ivi, par. 85.

[43] Ibidem.

[44] Ivi, par. 86.

[45] Ibidem.

[46] Decisione C (2012) 1012 final del 22 febbraio 2012 della Commissione sugli aiuti n. SA.27585 e SA.31149 (2012/C) (ex NN/2012, ex CP 31/2009 e CP 162/2010) a cui la Germania ha dato esecuzione.

[47] Ivi, par. 279.

[48] Tribunale, sentenza del 9 settembre 2014, causa T-461/12, Hansestadt Lübeck c. Commissione; Crf. J.J. Piernas López, Selectivity Revised, in European State Aid Law Quarterly, 2016, p. 115 et seq.

[49] Corte di giustizia, Commissione c. Hansestadt Lübeck [GC], cit., par. 42-46.

[50] Tribunale, Commissione c. Hansestadt Lübeck, cit., par. 50.

[51] Ivi, par. 51.

[52] Ivi, par. 53.

[53] Ivi, par. 54 e 55.

[54] Corte di giustizia, Commissione c. Hansestadt Lübeck [GC], cit., par. 49.

[55] Ivi, par. 52.

[56] Ivi, par. 53.

[57] S. Thomas, Séléctivité et discrimination: quelques réflections autour des arrêts de la Cour du 21 décembre 2016 dans les affaires World Duty Free Group et Hansestadt Lübeck, in Revue Lamy de la concurrence, 2017, p. 44.

[58] J. Derenne, Commission v. World Duty Free Group a.o.: Selectivity in (Fiscal) State Aid, quo vadis Curia?, in Journal of European Competition Law & Practice, 2017, p. 313.

[59] Nei casi oggetto delle decisioni della Commissione, le misure controverse consistevano in provvedimenti amministrativi ad hoc (gli advance pricing agreements) e non in regimi fiscali. Pertanto, in questi casi il requisito più controverso era quello del vantaggio e non quello della selettività.

[60] Si veda, ex multis, con riferimento ai limiti imposti dall’UE alla sovranità fiscale nazionale con le decisioni su tax rulings: L. Lovdahl Gormsen, EU State Aid Law and Transfer Pricing: A Critical Introduction to a New Saga, in Journal of European Competition Law & Practice, 2016, p. 369 et seq.; M. Greggi, Il caso Apple: vecchi e nuovi limiti europei alla potestà impositiva statale nei tax rulings, in Quaderni Costituzionali, 2016, p. 817 et seq.

[61] T. Jaeger, Tax Concessions for Multinationals: In or Out of the Reach of State Aid Law?, in Journal of European Competition Law & Practice, 2017, pp. 229-230.

[62] Cfr. L. Azoulai, The “Retained Powers” Formula in the Case Law of the European Court of Justice: EU Law as Total Law?, in European Journal of Legal Studies, 2011, p. 192 et seq.

[63] J. Derenne, Commission v. World Duty Free Group a.o., cit., p. 313.

 

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